Lettera d'amore alla tradizione ligure: 'â çímma, ovvero la cima genovese.
Per la nostra rubrica dedicata alla tradizione culinaria genovese e ligure, con i piatti preferiti scelti da La Mia Genova, oggi parliamo di un piatto immancabile nelle feste in Liguria, la cima.
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"Bell'oueggè strapunta de tùttu bun
prima de battezàlu ‘ntou prebuggiun
cun dui aguggiuìn dritu ‘n pùnta de pè
da sùrvia ‘n zù fitu ti ‘a punziggè"
Bel cuscino, trapunta di tutte le cose buone
prima di battezzarla nelle erbe aromatiche
con due grossi aghi dritti in punta di piedi
da sopra a sotto svelto la pungerai.”
Quanti di voi conoscono questo testo scritto in genovese? E’ proprio una strofa della canzone “'Â çímma”, scritta a quattro mani da Fabrizio De Andrè e l’amico Ivano Fossati proprio per celebrare questo meraviglioso piatto della cucina genovese, tipico delle feste. La canzone celebra il lavoro dietro alla preparazione della cima, che prevede precisione e pazienza, partendo dal riempimento fino alla cucitura, per poi passare alla cottura. Le parole di De Andrè omaggiano anche chi sta preparando la ricetta e racconta di alcune superstizioni legate al piatto. Siete curiosi? Mettete subito la canzone in sottofondo e continuate la lettura.
Come per molti dei piatti genovesi e liguri della tradizione, anche per la cima parliamo di un piatto povero, nato dal concetto “non si butta via niente”. Si tratta infatti di una tasca, proveniente da un pezzo della pancia di vitello, riempita con una farcia composta da ingredienti di recupero e meno “nobili”, come animelle, cervella o midollo, unite a verdure, erbe aromatiche, formaggio, uova, mollica di pane e piselli (se di stagione). La cima viene poi cucita, per evitare che il ripieno fuoriesca, e viene fatta bollire nel brodo per diverse ore. Ultimo passaggio: farla riposare e raffreddare sotto un peso, per dare la tipica forma, prima di tagliarla a fette.
La cima è quindi un piatto abbastanza complesso da preparare, anche per i più esperti: ci vogliono infatti manualità e puntualità nei passaggi. Sicuramente vi ricorderete tutti della pazienza e dell’impegno riservato ai menu delle feste preparati dalle nostre nonne e le nostre mamme, ma la cima è sicuramente quel gradino superiore, di cui andare molto orgogliosi.
Per chi volesse provare a prepararla a casa, soprattutto in vista di queste feste, vi rimandiamo alla ricetta della fantastica Enrica Monzani, A Small Kitchen in Genoa, autrice del libro “Liguria in Cucina - The Flavors of Liguria”, che potete trovare cliccando qui. Oltre a quella della cima, trovate anche le ricette del suo menu di Natale. Le foto che vedete, gentilmente offerte da Enrica per questo articolo, sono la prova della sua bravura e maestria!
Anche la canzone di De Andrè ne parla: pare che per avere una cima perfetta ci siano dei passaggi scaramantici da non trascurare. Nella canzone Faber parla di una massaia che si sveglia molto presto al mattino, per poi specchiarsi nel riflesso di un tegame (Ti t'adesciàe ‘nsce l'èndegu du matin, ch'à luxe a l'à ‘n pè ‘n tera e l'àtru in mà, ti t'ammiàe a ou spègiu de 'n tiànnin). Nella sua cucina, la scopa di casa viene essere messa dritta in un angolo, nel caso in cui una strega decida di scendere dalla cappa: nel tempo necessario a contare le paglie della scopa, la cima sarà piena e cucita (ti mettiàe ou brùgu rèdennu'nte 'n cantùn, che se d'à cappa a sgùggia ‘n cuxin-a stria, a xeùa de cuntà ‘e pàgge che ghe sùn, ‘a cimma a l'è za pinn-a a l'è za cùxia). Fondamentale la benedizione della Madonna, per tenere lontano i diavoli dalla pentola ed evitare che la carne tenera torni dura e scura (Cè serèn tèra scùa, carne tènia nu fàte nèigra, nu turnà dùa, e ‘nt'ou nùme de Maria, tùtti diài da sta pùgnatta, anène via).
Una volta portata in tavola la cima, il primo taglio dovrà essere dato dallo scapolo della tavola, proprio come simbolo di buon auspicio (tucca a ou fantin à prima coutelà, mangè mangè nu sèi chi ve mangià). Sarà tutto vero o è solo un racconto del nostro Faber?
Una ricetta povera come la cima nel tempo è diventata un gustoso e ricco piatto, servito come antipasto o come secondo, proprio grazie alla tradizione e al lavoro delle massaie locali, che hanno creato un vero capolavoro simbolo della nostra cucina. Naturalmente viene ancora preparata nelle cucine delle famiglie genovesi e liguri, ma non è raro trovarla anche nei menu dei ristoranti più legati alla nostra tradizione.
Domande?
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